Gesto
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Autore: Lucio D'Abbicco
Con tale termine si intende un’azione e moto del corpo e, più propriamente, delle braccia e delle mani. C’è una sostanziale differenza di significato e valore fra il gesticolare corrente (Comunicazione non verbale) e il gesticolare di carattere esplicitamente rappresentativo (rituale, cerimoniale, artistico).
Le ricerche compiute da Lévy-Bruhl, da Frazer e dagli psicoanalisti si sono sforzate di precisare l’origine e il senso, nella magia primitiva, delle parole e dei g. rituali, riscontrandovi un carattere pratico e fantastico nello stesso tempo, così da costituire una sorta di rituale-spettacolo. Questo tipo di g. tende a cristallizzarsi in forme costanti, intelligibili nella loro convenzionalità, e così a trapassare in situazioni rappresentative di altro tipo: è il caso delle danze indiane e del teatro orientale in generale, dove i g. sono rigorosamente codificati.
Diversa la storia del g. nella tradizione del teatro occidentale. Alle sue origini, nel teatro greco, la mimica e il g. (documentati da qualche rara fonte scritta e da pitture vascolari) dovettero avere un’evoluzione al passo con quella della tragedia: infatti, se i pesanti costumi richiesti dalle tragedie di Eschilo e Sofocle dovevano imporre una certa stilizzazione, con Euripide poteva recuperarsi un maggiore realismo. Nella commedia e nel dramma satiresco il g. assume forme bizzarre, caricaturali e talvolta anche oscene, spesso fondate sull’imitazione degli animali.
Tutti i trattati di recitazione si sono occupati del g., benché non sempre con cognizione di causa, elencando spesso una serie di norme e di suggerimenti pratici (come nel Prontuario delle pose sceniche scritto dall’attore Alemanno Morelli nel 1854). Formulazioni più generali, ma spesso illuminanti si trovano in molti autori di teatro. Così è nell’Amleto di Shakespeare, quando il protagonista, rivolgendosi agli attori giunti al castello, dà loro alcune raccomandazioni circa lo stile recitativo ("...E non fendete troppo l’aria con la vostra mano..., accordate l’azione alla parola, la parola all’azione..."); così è nel celebre Paradoxe sur le comédien di Diderot (1713-1784), laddove l’autore testimonia circa vezzi e ‘mode’ correnti nel g. degli attori dell’epoca.
Grande rilievo assume la gestualità e la corporeità dell’attore nelle teorie e pratiche teatrali del Novecento. Agli inizi del secolo XX l’attore e teorico di teatro Gordon Craig (1872-1966) affermava: "Bisogna risolutamente respingere il concetto di g. naturale o di g. convenzionale e sostituirlo con quello di g. necessario o inutile". Stanislavskij (1863-1938) da parte sua aveva raccomandato il metodo delle azioni fisiche nel percorso di avvicinamento dell’attore al personaggio; Mejerchol’d (1874-1940) arrivò a sostenere la necessità di "un teatro di azioni fisiche, di gioie muscolari, fondato sul linguaggio del g. anziché sul dialogo". Singolare la vicenda del mimo corporeo che torna a nuova vita e con una nuova dignità a opera di Etienne Decroux (1898-1991) per il quale il g. diventa la vera parola dell’attore sulla scena. In definitiva, il recupero della corporeità, l’attenzione allo spessore comunicativo del g. qualifica quella tensione a un rinnovamento radicale della scena, quella ricerca di uno statuto autonomo per l’arte teatrale che attraversa tutto il teatro contemporaneo.
Un discorso a parte va fatto per gestualità in seno al balletto, dove la pantomima va a rappresentare il momento ‘parlato’ della danza, cioè l’azione drammatica di più facile lettura da parte dello spettatore. Sia la greca òrkesis che la saltatio romana diedero somma importanza al gestire del pantomimo; dall’una e dall’altra nacque la ‘fabula saltica’, l’originario balletto in cui l’accento cade sulla narrazione anziché sulla danza. Successivamente l’uso del g. nel balletto ha conosciuto fasi di estrema stilizzazione (fino a diventare un puro motivo nel balletto accademico) e recuperi di una maggiore naturalezza. (Comunicazione non verbale)
Le ricerche compiute da Lévy-Bruhl, da Frazer e dagli psicoanalisti si sono sforzate di precisare l’origine e il senso, nella magia primitiva, delle parole e dei g. rituali, riscontrandovi un carattere pratico e fantastico nello stesso tempo, così da costituire una sorta di rituale-spettacolo. Questo tipo di g. tende a cristallizzarsi in forme costanti, intelligibili nella loro convenzionalità, e così a trapassare in situazioni rappresentative di altro tipo: è il caso delle danze indiane e del teatro orientale in generale, dove i g. sono rigorosamente codificati.
Diversa la storia del g. nella tradizione del teatro occidentale. Alle sue origini, nel teatro greco, la mimica e il g. (documentati da qualche rara fonte scritta e da pitture vascolari) dovettero avere un’evoluzione al passo con quella della tragedia: infatti, se i pesanti costumi richiesti dalle tragedie di Eschilo e Sofocle dovevano imporre una certa stilizzazione, con Euripide poteva recuperarsi un maggiore realismo. Nella commedia e nel dramma satiresco il g. assume forme bizzarre, caricaturali e talvolta anche oscene, spesso fondate sull’imitazione degli animali.
Tutti i trattati di recitazione si sono occupati del g., benché non sempre con cognizione di causa, elencando spesso una serie di norme e di suggerimenti pratici (come nel Prontuario delle pose sceniche scritto dall’attore Alemanno Morelli nel 1854). Formulazioni più generali, ma spesso illuminanti si trovano in molti autori di teatro. Così è nell’Amleto di Shakespeare, quando il protagonista, rivolgendosi agli attori giunti al castello, dà loro alcune raccomandazioni circa lo stile recitativo ("...E non fendete troppo l’aria con la vostra mano..., accordate l’azione alla parola, la parola all’azione..."); così è nel celebre Paradoxe sur le comédien di Diderot (1713-1784), laddove l’autore testimonia circa vezzi e ‘mode’ correnti nel g. degli attori dell’epoca.
Grande rilievo assume la gestualità e la corporeità dell’attore nelle teorie e pratiche teatrali del Novecento. Agli inizi del secolo XX l’attore e teorico di teatro Gordon Craig (1872-1966) affermava: "Bisogna risolutamente respingere il concetto di g. naturale o di g. convenzionale e sostituirlo con quello di g. necessario o inutile". Stanislavskij (1863-1938) da parte sua aveva raccomandato il metodo delle azioni fisiche nel percorso di avvicinamento dell’attore al personaggio; Mejerchol’d (1874-1940) arrivò a sostenere la necessità di "un teatro di azioni fisiche, di gioie muscolari, fondato sul linguaggio del g. anziché sul dialogo". Singolare la vicenda del mimo corporeo che torna a nuova vita e con una nuova dignità a opera di Etienne Decroux (1898-1991) per il quale il g. diventa la vera parola dell’attore sulla scena. In definitiva, il recupero della corporeità, l’attenzione allo spessore comunicativo del g. qualifica quella tensione a un rinnovamento radicale della scena, quella ricerca di uno statuto autonomo per l’arte teatrale che attraversa tutto il teatro contemporaneo.
Un discorso a parte va fatto per gestualità in seno al balletto, dove la pantomima va a rappresentare il momento ‘parlato’ della danza, cioè l’azione drammatica di più facile lettura da parte dello spettatore. Sia la greca òrkesis che la saltatio romana diedero somma importanza al gestire del pantomimo; dall’una e dall’altra nacque la ‘fabula saltica’, l’originario balletto in cui l’accento cade sulla narrazione anziché sulla danza. Successivamente l’uso del g. nel balletto ha conosciuto fasi di estrema stilizzazione (fino a diventare un puro motivo nel balletto accademico) e recuperi di una maggiore naturalezza. (Comunicazione non verbale)
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Bibliografia
- ARGYLE Michael, Il corpo e il suo linguaggio. Studio sulla comunicazione non verbale, Zanichelli, Bologna 1992.
- BIRDWHISTELL Ray C., Kinesics and context. Essays on body motion communication, University of Pennsylvania Press, Philadelphia (PA) 1970.
- BIRKENBIHL Vera, Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano 1995.
- BOGGIO Maricla, Il corpo creativo. La parola e il gesto in Orazio Costa, Bulzoni Editore, Roma 2001.
- DECROUX Étienne, Parole sul mimo, Edizioni del corpo, Milano 1983.
- LÉVY-BRUHL Lucien, La mentalità primitiva, Einaudi, Torino 1970.
- MAROTTI Ferruccio, Edward Gordon Craig (documenti Di teatro), Cappelli, Bologna 1961.
- MEJERCHOL'D Vsevolod, L'attore biomeccanico, Ubulibri, Milano 1993.
- MELCHIORRE Virgilio - CASCETTA Annamaria (edd.), Il corpo in scena. La rappresentazione del corpo nella filosofia e nelle arti, Vita e Pensiero, Milano 1983.
- MORRIS Desmond, I gesti nel mondo. Guida al linguaggio universale, A. Mondadori, Milano 1995.
- MORRIS Desmond, L’uomo e i suoi gesti. L’osservazione del comportamento umano, Arnoldo Mondadori, Milano 1985.
- PEASE Allan, Leggere il linguaggio del corpo, A. Mondadori, Milano 1995.
- STANISLAVSKIJ Konstantin Sergevic, L'attore creativo, Usher, Firenze 1980.
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Come citare questa voce
D'Abbicco Lucio , Gesto, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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